CDE – Common Data Enviroment – alcune soluzioni

DISCLAIMER : Non è un articolo per amministratori di rete o informatici, sono presenti termini e semplificazioni per renderlo accessibile anche a chi di informatica se ne intende poco.
In questo blog mi piace parlare anche di BIM, ma non in modo troppo tecnico.


Schema ISO 19650

Stavo pensando ad un articolo sul CDE (Common Date Enviroment) da qualche mese, stavo mettendo insieme un pò di documentazione per fare un resoconto corposo, quando mi sono accorto che forse stava diventando un pò troppo per un semplice articolo di blog ed ho quindi deciso di spezzarlo in modo che la lettura possa essere più semplice.

Questo articolo nasce come riflessione a seguito del posto di Shelidon “LOIN e CDE: la Gran Bretagna dice no’” (http://www.shelidon.it/?p=8405) e per approfondimenti segnalo anche “ISO 19650: il nuovo CDE” (http://www.shelidon.it/?p=7974

In questo post mi soffermerò solo sulla parte di CDE.

Il CDE è standardizzato secondo alcune norme nazionali ed internazionali. Cronologicamente citiamo l’ormai defunta BS 1192 Inglese, anche se rappresenta un ottimo spunto di partenza per tutti i ragionamenti che seguiranno, l’Italiana UNI 11337-5, la ISO 19650 e la nuova CEN/TC 442.

Ecco che la nuova CEN/TC, nonostante le già ottime basi della BS 1192 Inglese che seppur deprecate non possono essere scordate e cancellate dalla memoria ma dovrebbero essere prese come “Best pratices” nella stesura delle nuove norme, le UNI Italiane che, sembra strano, sono ben fatte e la ISO che dà un framework su cui sviluppare le nuove norme, hanno rimescolato un pò le carte in tavola.

Già dalla prime indiscrezioni trapelate e dalle quali mi ero fatto un’opinione sulla strada che stava prendendo la definizione di CDE, la questione sembrava essere sfuggita di mano a qualche zelante burocrate, esasperando le funzioni del CDE e dipingendo una ambiente di condivisione dati molto avanzato si ma ad oggi molto, troppo costoso e quindi appannaggio solo di poche grosse aziende.

Solo che il mondo delle costruzioni, sia in Italia che all’estero, è costituito da una miriade di piccoli o medi studi di progettazione architettonica, strutturale impiantistica ecc ecc, spesso costituiti anche da una sola figura che si occupa di diverse fasi. Tutte realtà per le quali l’accesso ad una tecnologia così avanzata, avrebbe portato ad un nuovo “digital divide” proprio in un settore dove stiamo facendo di tutto per azzerarlo.


Tornando al centro di questo articolo, che voleva essere una carrellata di possibili scenari di CDE, ecco elencati una serie di metodi, meno costosi e più pratici, per la gestione del cosiddetto CDE o AcDat.

Dato che siamo in Italia e che come già detto le UNI sono state fatte bene, ecco cosa dicono a proposito del AcDAt.

L’AcDat deve :

  • essere accessibile da tutte le figure coinvolte nel processo (spesso erroneamente definiti con il termine Stakeholders, ma questo poi sarà uno spunto per un altro articolo) , con varie regole e livelli di azione;
  • riuscire a tenere traccia delle revisioni e dei cambiamenti dei contenuti;
  • supportare una vasta gamma di formati file;
  • facilità di accesso ai contenuti per interrogare la base dati e l’uso di protocolli aperti;
  • conservazione ed aggiornamento degli stessi;
  • ambiente con adeguate garanzie di riservatezza e sicurezza.

Sia la ISO che la UNI parlano di “dati”, di “informazioni” e quindi non si limitano solo a prendere in considerazione i modelli del BIM (che siano fatti con Revit o con altri programmi), ma tutti i documenti elettronici e non (pensiamo alle scansioni) che ruotano intorno ad un progetto.
In fin dei conti, il modello 3D è solo una parte del BIM, e nemmeno la più rilevante.

Google Drive

Ecco, un sistema molto semplice per garantire questo flusso potrebbe essere anche un account G drive di Google, infatti è 

  1. Accessibile a tutte le figure coinvolte, e si possono dare diverse regole di accesso e di azione sui file;
  2. Tiene traccia delle revisioni e dei cambiamenti in automatico;
  3. Supporta tutti i formati file che ci vengono messi, supporta la conversione di molti formati file e ci sono già molti plugin da installare per eventuali altri formati;
  4. è facilissimo interrogarlo per ricercare all’interno delle cartelle, i file;
  5. fornisce in automatico i backup e l’eventuale aggiornamento dei file
  6. fornisce un buon grado di riservatezza ed un alto grado di sicurezza.

Su G drive possiamo andare a creare le 4 cartelle 

  • Work in progress
  • Shared
  • Published
  • Archive

E possiamo invitare in ciascuna cartella gli utenti che vogliamo, e dargli il permesso di organizzare, aggiungere, modificare, o solo di visualizzare e scaricare.

In questo modo possiamo andare a dare i giusti accessi sulla cartelle, ma anche sui singoli file.

Ma come sempre, non tutto è oro ciò che luccica. La sua forza è di essere gratuito per tutti gli utenti Gmail, con la possibilità di invitare anche utenti con altri indirizzi di posta.

Ma alcuni punti a sfavore sono 

  • i formati vengono supportati solo come archiviazione e come backup, ci sono alcuni plugin per le conversioni ma non è possibile ad oggi aprire molti file di modello all’interno dell’ambiente G drive, come per esempio avviene con BIM 360 della Autodesk.
  • si possono interrogare solo i nomi dei file, ed agli stessi è consentito dare una descrizione ,non è possibile ad esempio interrogare un file Revit sui parametri che contiene.
  • sicurezza alta, gli standard sono quelli del mondo Google, per la riservatezza avrei qualche dubbio, in fin dei conti sono dati che vengono ospitati su server di proprietà Google, e sui quali Google fa girare programmi di controllo e profilazione. Inoltre credo, ma non posso esserne sicuro, che i sistemisti di Google volendo possano avere accesso ai file salvati.

Server Linux

Altro metodo un pochino più complesso è quello di farselo in casa. Con un server Linux magari Debian, possiamo renderlo accessibile dall’esterno, andare a creare le nostre cartelle, ed aggiungere gli utenti che vogliamo abbiano accesso alle cartelle, se poi ci installiamo anche un web server come Apache, possiamo avere un forma molto grezza di accesso via WEB.

Questo sistema è :

  1. Accessibile a tutte le figure coinvolte, e si possono dare diverse regole di accesso e di azione sui file;
  2. Può tenere traccia delle revisioni e dei cambiamenti in automatico;
  3. Può archiviare qualsiasi formato di file;
  4. è difficile da interrogare;
  5. può fornire in automatico i backup e l’eventuale aggiornamento dei file
  6. può fornire un alto grado di riservatezza ed un alto grado di sicurezza.

Vediamoli punto per punto

  • andando a controllare gli accessi con utenti Linux, è possibile dare ad ogni utente una specifica possibilità di accesso, in lettura, in scrittura ed in esecuzione, è possibile definire un proprietario dei file o delle cartelle, ed è possibile definire dei gruppi.
  • Per tenere traccia delle revisioni e dei cambiamenti il file-system deve supportare un qualche standard di gestione dei file e delle revisioni come ad esempio un “Journaling file system” o un “Versioning file system”
  • Essendo un server, ogni file digitale può essere salvato e archiviato
  • è difficile da interrogare, lo si può fare solo avendo accesso diretto al server e lo si può fare solo sui nomi dei file e su altri meta-dati standard come le date di creazione/modifica o gli utenti che hanno lavorato su quel file, ecc ecc.
  • Implementando un sistema di backup può fare sia backup che aggiornamento file, a seconda di come viene impostato (Syncronization, Backup, Replication, Consolidation …)
  • Gestendo bene la parte di sicurezza del server, può avere un altissimo grado di riservatezza, essendo il server “in House” cioè presso la propria sede ed un alto grado di sicurezza.

I costi non sarebbero proibitivi per la gestione di un server così fatto, ma necessiterebbe di un amministratore di sistema (un CDE manager ma con spiccate doti di informatica, programmazione, gestione reti, insomma un informatico prestato all’architettura) piuttosto bravo, e il risultato sarebbe perlomeno scadente da un punto di vista di gestione da parte delle figure coinvolte (I modellatori, gli Specialist, i tecnici, la committenza ecc ecc).

Naturalmente avrebbe dalla sua la sicurezza che, a meno di attacchi informatici, i dati sono al sicuro dentro il proprio ufficio, e solo il CDE Manager avrebbe possibilità di controllo trasversale sui file.

Gestione Web

Gestione web

La terza ipotesi, che è in realtà un miglioramento della seconda, è la gestione delle cartelle e dei file all’interno di un server Linux, attraverso un dBase relazionale ed un’interfaccia grafica via web.

Qui oltre all’amministratore di sistema, che dovrebbe essere capace si, ma non è necessario che se ne intenda anche di architettura ed al CDE Manager che deve essere capace si, ma non è necessario che sia un esperto di reti e di server, è necessario avere una società di sviluppo che crei una sorta di maschera al server della soluzione 2. La cosa interessante è che una volta fatta, poi può essere utilizzata per più progetti, e quindi è un costo “una tantum” o comunque dopo l’investimento iniziale sarebbe possibile ammortizzarlo su una serie di progetti.

Naturalmente qui l’azienda che sviluppa la parte software dovrà essere ben formata sulle necessità di un CDE, il CDE manager e l’amministratore di sistema dovranno essere più che esperti e lavorare in team con gli sviluppatori e conoscere almeno le principali novità nel campo della programmazione e dei dBase.

La forza di un sistema come questo è che essendo slegato da particolari case produttrici, potrebbe essere usato trasversalmente, il dBse a supporto del CDE potrebbe (anzi dovrebbe) registrare ogni accesso, gestire i meta-dati di ogni file e cartella, avere la possibilità di effettuare ricerche sia sui nomi dei file che su eventuali meta-dati. Insomma le possibilità potrebbero essere infinite.

Inoltre software house come Autodesk offrono anche framework come FORGE, che permetterebbe di interrogare e visualizzare via WEB anche i modelli ed i disegni dei file proprietari.

Cosa inoltre da non sottovalutare, è la possibilità di gestire tutti gli utenti necessari, tutto lo spazio necessario, tutte le cartelle necessarie, avere report personalizzati, ecc ecc.

Conclusioni

Questi brevi esempi dovrebbero far riflettere su come implementare un CDE anche a basso costo.
Un ambiente di condivisione dati, come riportato dalla UNI e come rimarcato dal presidente dell’UK Mirror Committee, che dovrebbe essere flessibile, scalabile ed alla portata di tutti.

Il primo esempio basato su Google Drive, sarebbe più che sufficiente in tutti i lavori privati, redatti in BIM, ma che non abbiano particolari complessità, soprattutto contrattuali. Il secondo caso è già più complesso, ma togliendo un pò di potere alla gestione via web dei file, ha dalla sua parte una buona granularità e controllo sugli accessi e sull’avanzamento dei file.

La terza scelta, che è quella che mi auguro prenderà piede nel prossimo futuro, permetterebbe a più società coinvolte nel flusso di lavoro BIM, di sviluppare una propria piattaforma, da utilizzare su più progetti, e potendo così contare su una flessibilità che le soluzioni proprietarie delle varie software house non hanno.

In realtà quello che servirebbe nei prossimi anni, è la creazione di una soluzione basata su standard aperti come Linux, MySql, PHP, Javascript etc etc, che permetta da un lato l’adozione della tecnologia anche nei progetti piccoli, e dall’altro la possibilità per gli eventuali sviluppatori di creare un business, come è avvenuto per esempio con la distribuzione Linux di Red Hat, nell’assistenza su tutti quei grandi progetti che hanno bisogno di maggiori competenze, sicurezze e gestione dei rischi, tali da poter permettere un investimento economico nel gestire un prodotto che sarebbe comunque libero.

Chissà se nel futuro vedremo un pò più di competizione in questo campo, competizione che restando così la CEN/TC 442 non sarebbe possibile, in quanto metterebbe l’asta da superare per entrare nel mercato talmente alta, che solo un paio di grandi software house, già presenti sul mercato, potrebbero permettersi di saltare.

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